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LA CONCA DI CAMPO ROTONDO NEL MATESE

 

(estratto da “Mondo Sotterraneo” Udine, 1918)

di Carmelo Colamonico

 

 

Nel versante sud-occidentale della montagna del Matese le forme orografiche assumono una varietà e una diffusione assai più notevoli di quelle che presentano nel versante settentrionale: si discende sul Volturno a quota molto più bassa che sul Biferno e sul Tammaro; si passa per tutte le zone idrografiche del paesaggio carsico; si  procede su un pendio di maggiore larghezza, in cui le forze fisiche hanno avuto campo di esplicarsi nelle più svariate manifestazioni. E così, valli ripidissime si alternano con conche e con bacini chiusi, terrazzi dall’orlo rialzato ed unito seguono a terrazzi slabbrati e fortemente incisi, forme analoghe si succedono ad altitudini diverse, burroni brevi e profondi individuano erti pilastri e nuclei montagnosi arditissimi, scarpate si confondono con pianalti, fianchi nudi e rocciosi si distinguono da vaste e ricche faggete, a paesaggio uniforme si contrappone paesaggio dai tipi più diversi e dai più diversi aspetti. La natura del terreno fondamentale – prettamente calcarea del cretaceo – facendo del gruppo del Matese uno dei blocchi carsici più compatti dell’Italia meridionale, contribuisce alla maggiore e più complicata varietà morfologica della regione. Le acque, pertanto che circolano per le vie profonde della montagna sgorgano da sorgenti numerose e non poche volte perenni, si raccolgono in qualche massa lacustre, scorrono per tratti più o meno lunghi alla superficie e vengono molte volte riassorbite nel sottosuolo, alimentano piccoli ruscelli o si raggruppano a formare imponenti corsi d’acqua, si frazionano nelle innumerevoli leptoclasi della roccia fessurata o si confondono nei grossi meati e nei profondi cunicoli della massa calcarea. Anche il fenomeno carsico, perciò, risulta, nel versante sud-occidentale del Matese, dai mille aspetti e della più varia intensità, all’uniformità geognostica, dalla più alta cima del Miletto alla base della montagna, si deve la regolare successione delle varie zone idrografiche, dalla secca alla zona di transizione, alla zona costantemente percorsa dalle acque.

Una delle più spiccate particolarità morfologiche del gruppo, in questo versante meridionale, è la presenza di una regione piatta, a gradino, proprio a metà del sollevamento, cioè a circa 1000 metri d’altezza, che, con qualche interruzione, si estende, secondo la direzione medesima dell’asse principale della montagna, da Est-Sud-Est verso Ovest-Nord-Ovest, e che si svolge, con una larghezza media di un chilometro, per tutta la lunga zona, che ricetta il lago del Matese, e per il Campo delle Secine, che è solcato dal corso superiore del Lete. A formare in parte, verso Sud-Ovest e verso Sud, l’orlo rialzato di questi vasti bacini si soleva una molto accidentata regione montagnosa, contraddistinta pur essa da varie grandissime conche carsiche, col fondo per poco più di 100 metri superiore a quello del gradino suddetto, e susseguentisi quasi tutte, con relativa facilità di passaggio e presso a poco alla medesima altitudine, da oriente verso occidente. Le più importanti, procedendo dal lago del Matese, sono note coi nomi di Campo Braca, Vallecupa e Campo Rotondo.

Il nome di quest’ultima deriva chiaramente dalla figura che essa assume, specialmente al confronto con le altre due forme chiuse, nelle quali l’orlo è abbastanza irregolare. Del resto, anche in campo Rotondo non si ha l’esempio di una conca dalle pareti a pendio uniforme e dalla imboccatura proprio circolare. Piuttosto rotonda, invece, e propriamente ellittica, è la figura del fondo (cui spetta veramente l’appellativo di campo), lungo 1100 e largo 800 metri orientato pur esso da Est-Sud-Est verso Ovest-Nord-Ovest. La forma concava è proprio spiccata nella sezione occidentale della grande cavità, quella che per l’appunto si presenta a chi vi penetra dalla parte orientale, dalla Vallecupa, donde l’accesso è più agevole: il pendio appare, nella sezione suddetta, assai regolare e con eguale inclinazione. La maggior irregolarità nel contorno si ha dalla parte di Nord-Est, in cui rientra nel dominio della conca una piccola incisione valliva, meno importante, del resto, di quella che appare dalla carta topografica dell’I.G.M. (foglio 161, quadrante di Sud-Est). Quasi tutte le parti della cavità sono rivestite da macchie e da boschi di faggi. Il fondo della conca, privo di vegetazione arborea (viene sfruttato per il pascolo) è situato a circa 1150 metri sul livello del mare; l’orlo si spinge fino all’altezza di 1420 metri nella parte settentrionale e di 1340 metri nella parte meridionale; il dislivello massimo, perciò, risulta di circa 270 metri.

Nel fondo è raccolto quasi da per tutto – e in ispecial modo nei luoghi proprio piatti – terreno alluvionale; i piccoli sollevamenti che ne interrompono la continuità di livello sono costituiti da terreno cretaceo; questo è, peraltro, il terreno generalmente diffuso in tutta la cavità, dalla base alla parte più alta della fiancata; il deposito alluvionale della sezione più bassa è, del resto, assai poco potente. Ai piedi delle pareti della conca si è formato, torno torno, un avvallamento, in cui si raccolgono le acque di pioggia che scendono giù per il pendio e quelle che cadono nel mezzo della cavità; queste acque si avviano, nella zona nord-orientale della conca, ad una grotta-inghiottitoio, che è preceduta, ad ovest, da una piccola dolina, di circa 20 metri di diametro e di 5 metri di profondità, la quale è sfiancata verso Est, cioè verso l’inghiottitoio. L’imboccatura della grotta è situata a 1138 metri d’altitudine. La roccia calcarea, che distingue la voragine e tutto il terreno circostante, appare – con carattere piuttosto eccezionale nel Matese – assai evidentemente stratificata, con pendenza di 30° verso Nord-Nord-Est; l’altezza dello strato è di circa un metro. La voragine, chiamata grotta dai pastori locali, discende, con notevole inclinazione, verso Nord-Ovest, mantenendo per oltre 10 metri l’ampiezza notevole che ha all’orificio – 7 metri, cioè, di larghezza e 5 di altezza –. A distanza di 20 metri circa dall’imboccatura, la voragine è interrotta da una pozza d’acqua: da questo punto, poi, in tempo in cui la conca era secca e asciutto era pure l’orlo della grotta, si sentiva nel fondo dell’inghiottitoio il caratteristico rumore dell’acqua che cade.

La cavità va ascritta, dal punto di vista morfologica, fra i bacini carsici – secondo la nomenclatura proposta dal Biasutti, – e, sotto il riguardo della genesi, – se nelle linee generali non può escludersi il fattore tettonico, specie quando questa di Campo Rotondo si pone in relazione con le altre conche simili, da cui tutto è distinto il suddetto gradino mediano del Matese, – nei rispetti della elaborazione carsica, alla quale la regione deve la sua speciale fisionomia, non può non ammettersi l’origine per erosione superficiale, compiuta intensamente, per il richiamo delle acque meteoriche verso il basso, intorno a una fenditura naturale del terreno.

 

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