Raffaele Marrocco
Un’ignota tavola di Fabrizio Santafede
(estratto dall’Archivio Storico del Sannio Alifano di
Piedimonte d’Alife, Anno VI, 1921)
Questa tavola[1],
rappresentante la Nascita della Madonna, conservata nella Chiesa di San
Domenico di Piedimonte d’Alife, è opera del napoletano Fabrizio
Santafede. Non porta però nessuna firma. L’attribuzione che ne facciamo
si basa sull’analogia che essa ha con le altre opere di questo pittore
quasi tutte aventi gli stessi caratteri e la stessa tecnica. Da chi, poi, venne
ordinata al Santafede, e com’essa si trovi in questa Chiesa, ci riesce
impossibile determinarlo perché nell’Archivio di San Domenico manca ogni
traccia di documentazione[2].
Non è questo dipinto veramente un capolavoro, ma non
può escludersi sia un’opera di notevoli pregi artistici. Vero è che nel
Santafede manca uno stile tutto proprio e che in lui non si riscontrano che
reminiscenze ed imitazioni di celebri artefici; nullameno egli seguendo i
Carracci, e rivolgendosi ai maestri del secolo, tenta condurre la pittura verso
nuovi orizzonti. Se le sue opere non accennano ad un ritorno del concetto della
bellezza semplice e severe della grande epoca dell’arte, esse provano
almeno l’abbandono degli eccessi, degli abusi, e delle aberrazioni del
buon gusto. In omaggio, poi, al principio dell’individualismo artistico,
il nostro pittore si accosta all’ideale estetico e tecnico richiesto
dall’arte. Questa di Santafede è del resto un’arte rispondente allo
spirito dei tempi: egli, e gli altri pittori dell’epoca chiudono il
secolo con opere di vario merito[3]
con le quali tentano affermarsi di fronte all’incipiente decadenza.
S. Anna, dopo lunga sterilità, è divenuta madre.
E’ in letto, sollevata sul busto. La sua figura è avvolta in una
penombra, mentre le braccia e le mani, fuori coltre, ricevono riflessi di luce.
Ella segue le operazioni del bagno che sta per darsi a Maria mostrandosi
tanto contenta di mirar sua
figlia
che non muove occhio per
cantare osanna[4]
Anche la penombra circostante è data giudiziosamente
perché lascia bene apparire la scena. Infatti le donne che sono affaccendate in
questo delicato compito del bagno, delle quali una, la più vecchia, è
certamente l’ostetrica, sono le figure che assai bene si mostrano negli
effetti di luce e di colori, specie l’ostetrica, reale e palpitante, che
agisce con la più grande disinvoltura. Essa è seduta. Ha i capelli brizzolati
tirati sul capo, ove si avvolgono intramezzati da un nastro giallo. Il
giubbetto è in rosso, le maniche azzurre e la scolla di color giallo, la quale,
aprendosi sul petto, lascia vedere il candore della camicia e parte del seno.
Le maniche sono rimboccate e del pari quelle della camicia. La tinta rossa
della gonna e l’azzurro del grembiale danno, con gli altri colori, una
vivacità a tutto l’abbigliamento. Il volto ben fatto, proprio
dell’età, presenta delle lievissime grinze sulla fronte e alle tempie.
E’ ombreggiato morbidamente dalla parte destra, e riesce di grande
effetto nei chiari. Il movimento stesso delle braccia e delle mani stringenti con
cura delicata la Madonna che sta per essere immersa nella conca ripiena
d’acqua, è estremamente naturale, come è naturale l’acqua trasparente
e sottile.
Mentre una fanciulla bellissima – forse una
domestica – dal volto ovale e dagli occhi neri e morbidi, è in piedi
presso il letto di S. Anna, tenendo in mano un’ampollina con del
cordiale, al centro della scena un’altra donna, seduta, anch’essa
giovanissima, ha dinanzi un’anfora ripiena d’acqua. E’ questa
una figura dalle forme procaci, e dagli occhi e dai capelli neri. Ha le labbra
atteggiate a sorriso, ed il volto e le carni mostrano freschezza ed esuberanza
di salute. Lascia scorgere un disegno corretto ed una sicurezza di pennello.
Anche questo volto presenta belli effetti di chiaroscuro, ed appare morbido e
caldo. Il giubbetto azzurro, senza maniche, si apre sul seno, scoprendolo in
modo che lo sparato della camicia forma un bellissimo contrasto con il delicato
roseo delle carni.
Un’altra donna è seduta di fronte
all’ostetrica. Porta un velo bianco fissato sul capo, e che, passando su
per le spalle, scende sino alla gonna. Il profilo in ombra di questa figura è
scorretto alquanto nella linea della fronte, che ha un’arcata molto
accentuata in alto. Gli occhi nerissimi sono fissi su Maria, ed hanno una
delicata espressione. Pur guardando la Madonna essa è intenta a riscaldare un
pannolino accanto al braciere, e tiene sulle ginocchia – pronto per
essere avvolto al corpicino della Vergine – un panno viola. Indossa un
corpetto ed una gonna di colore giallo, mentre le maniche del primo, ben
drappeggiate, sono verdi.
Maria, che è affidata alle cure delle tre donne, è
una bellissima creazione pittorica. La testina, circondata da una tenue
aureola, ha un’aria graziosa. L’insieme del piccolo viso ha una
tecnica assai delicata e precisa; il disegno ne è corretto, come quello del
corpo pieno di vita.
Dietro il gruppo un’altra donna entra ed
assiste alla scena. Sotto il braccio destro porta un canestro di vimini
contenente delle fasce preparate per la neonata. Il canestro è un grazioso
lavoro di tecnica e di pazienza, perché i fili dei vimini, minuti e sottili, si
aggrovigliano e si intrecciano con ordine fino a contarsi. Al braccio sinistro
stringe un bellissimo bambino ravvolto in fasce bianche e rosse. Di fianco,
poi, attaccato alla gonna, una bambina, con posa ed ingenuità infantile, fa per
porgere una mela a Maria, particolare questo del tutto nuovo nelle scene della
natività della Madonna.
Questo
gruppetto è di una naturalezza semplice ed originale. In esso il pittore ha
saputo insinuarvi grazia e delicatezza insieme, con tocchi sicuri. Infatti il
volto di questa portatrice di fasce – dai capelli di un biondo scuro dai
quali scende il solito velo – è di una squisitezza sorprendente.
In fondo, verso il lato destro del quadro, San
Gioacchino è sul limitare della porta. Avvolto in mantello, alza una cortina
del letto di S. Anna, mostrandola a due visitatrice che varcano la soglia.
Questa tavola è certamente una delle migliori opere
del Santafede se non il dipinto tipico dell’arte sua. Senza tracce di
forti contrasti, il quadro sprigiona una delicata armonia di tinte, la cui
fusione non fa avvertire il passaggio dalle ombre alle luci. In esso, spirando
un alito di verità, non vi è nulla che possa apparire volgare o poco
rispondente alla divinità del soggetto rappresentato. Discostandosi alquanto
dagli altri dipinti sullo steso soggetto, questa tavola ha della originalità
tale da riuscire pieno d’interesse.