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MUSEO ALIFANO

DOCUMENTI PER LA STORIA DEI PAESI DEL MEDIO VOLTURNO

III

DANTE MARROCCO

 

SUL DECRETO D’INFEUDAZIONE DI ALIFE A PASQUALE DIAZ GARLON

ARTI GRAFICHE ARIELLO

NAPOLI

1963

 

 

Il decreto d’infeudazione di Alife a Pasquale Diaz Garlon da parte del Re Ferdinando I, scritto su pergamena (cm. 51 x 43), è conservato nel museo alitano di Piedimonte. Deriva alla collezione da origino non ben precisata. Il diploma reca ancora il nastro rosso, ma manca del sigillo pendente. È l’originale, e reca la firma autografa del sovrano.

Ecco il testo:

 

«Ferdinandus Dei gratia rex Sicilie hierusalem et hungarie, Universis et singulis presentum seriem inspecturis tam presentibus quam futuris. Sanctum in arcano nostri pectoris consideramus servitiorum merita Magnifici Militis Pasqualis Diaz Garlon consiliarij maiordomus et primi guardarobbe nostri dilectissimi cui postpositis omnibus ab eius tenera etate, omni studio summaque vigilantia semper cordi cureque fuit ut omnino nostris desideriis acquiesceret nec ab illis quoquomodo discentiret, quem propterea unice et singulariter amamus et carum habemus : non imperito inducimur ymmo obnoxy reddimur ut ipsum pasquasium preclaris honoris titulis et que a nobis meretur preconijs prefulgide dignitatis decoremus ut letare baleat optimo inservisce Regi: his igitur et aliis considerationibus et causis digne moti: cum idem Pasquasius a nobis et nostra curia immediate et in capite pro se et utriusque sexus heredibus et successoribus in perpetuum benditionis titulo habeat teneat et possideat civitatem alifij necton terras seu castra dragoni et sancti angeli raviscanine cum castris seu fortelliciis hominibus baxallis baxallorumque redditibus feudis feudatariis subfeudatariis mero mixtoque imperio et gladii potestate et ceteris aliis in privilegii ipsius benditionis contentis que civitas alifij sub titulo Comitatus longo iam tempore a regia curia teneri consuevit: eundem Pasquasium utique longe malora merentem honore dignitatem et titulo dicte civitatis Alifii ad eiusque heredes successores et posteros transfundendo Tenore presentis nostri privilegij de certa nostra scientia proprij quidem nostri motus instinctu et de nostre regalis potestatis plenitudine decoramus illustramus pariter et insignimus: eum facientes et bolentes esistere Alifij comitem et de ispsius Comitatus titulo et honori bucinari: ac mandantes intendentes firmiter et bolentes quod idem pasquasius de inceps Alifij comes tam in scriptionibus quam appellationibus nominationibus et causis aliis tituletur et a singulis nominetur: necton et tamquam alifij comes illis honoribus favoribus libertatibus immunitatibus et exemptionibus privilegiis superioritatibus dignitatibus preheminentis prerogativis et gratis ubilibet de cetero potiatur et gaudeat quibus tam alij dicti regni comites quam comites dicte civitatis alifij qui pro tempore fuerint potiuntur et gaudent ac potiri et gaudere soliti sunt et debent seu cor … erunt et possunt: Ill.mo propterea et carissimo filio primogenito Alphonso de Aragona Duci Calabrie bicario et locumtenenti nostro generali … declarantes intentum mandamus universis et singulis officialibus et subditis nostris maioribus et minoribus quovis officio auctoritate digitate fungentibus nomineque nuncupatis quatenus forma presentum per eos et unumquemque eorum diligenter actenta illam ipsi et … eorum prout ad unumquemque spectabit contrarium non faciant quanto dictus filius noster nobis morem genere intendit: ceteri autem gran…ram caram habent iramque et indignationem ac penam ducatorum mille cupiunt evitare in huius rei testimonium presentes fieri iussimus Magno Maiestatis nostre sigillo pendenti munitas. Datum in castronovo civitatis nostre neapolis per Magnificum utriusque Juris doctorem consiliarium nostrum Lucam fazolum romanum Locumtenentem Illustris onorati Gaietani de Aragona fundorum comitis Regni huius logothete et protonotarii collateralis consiliarij fidelis nostri dilecti die sestodecimo martij anno a nativitate domini Mill.o quadringentesimo octuagesimo tertio».

REX FERD.S

 

 

(Scritti nel tergo): Titulus comportans gratiam p. Ser.mum R. Ferdinandum. – Fasc. n. 1454 n. 72. Privilegio del Re Ferdinando dìAragona del dì 16 Marzo 1483, in cui concedeva a Pasquasio Diazgarlon il titolo di Conte della Città di Alife – Raa in Canc.a In Rto p.or xij° cf penes Canc.m.

 

***

 

La conquista di Napoli era costata alla Catalogna immense quantità di denaro e di uomini, e per essa la confederazione aragonese, coi suoi quattro regni uniti dominava ormai il Mediterraneo centrale. Logicamente, insieme al sovrano aragonese si stabilì nel regno tutta una corrente migratoria di nobili e di mercanti. Classe dirigente e interessi dovevano stringere fra loro gli Stati confederati[1].

Toccando al fratello Giovanni gli stati ereditari, mira di Re Alfonso era stata di assicurare il Reame al figlio naturale Ferdinando[2]. Una volta assicurata la successione e il dominio, Re Ferrante cominciò ad allontanare la maggior parte della gente straniera, che era proprio quella ondata di catalani, già favorita per forza di cose dal padre[3], ma che era motivo di rancore verso chi la proteggeva. Dovendosi ormai basare sulla conciliazione coll’elemento locale, ne derivò tutta una chiarificazione nella legislazione e un alleggerimento della pressione fiscale. Re Ferrante diceva ai baroni che “intendeva governare coll’amore di lor signori”, né ciò impedì che fossero abolite privative baronali, e che si tentasse una radicale riforma tributaria. Data la palese soddisfazione dei sudditi, Re Ferrante non poteva che tendere con prudente ottimismo a questa posizione di arbitro nel regno, egli che ormai non aveva più l’appoggio esterno catalano, ma soltanto la condiscendenza dei napoletani.

 

***

 

Allontanata la nobiltà catalana, quella che voleva eliminare il bastardo, fra le poche grandi famiglie rimaste – Guevara, d’Avalos, Cavaniglia, Siscar, Cardenas, Centelles, Cardona, Ayerbe … – troviamo i Garlon. E il fatto è da ricercarsi nella fedeltà a tutta prova tante volte manifestata da Pasquasio, il fedele cavaliere venuta da Catalogna col Re[4].

La personalità di lui e la stima che ne aveva il sovrano, appaiono dagli uffici e dagli onori che gli affidò: Scrivano di ratione, Segretario (1459) General Ricevitore della R. Pecunia (1484); R. Tesoriere (1494). Maggiordomo, Castellano di Castelnuovo di Napoli. Praticamente gli aveva affidata la residenza, e cioè la sua persona.

Probabilmente Pasquasio giovanissimo si era trovato alla battaglia di Ponza, il 5 Agosto 1435. Sua consorte era stata Lucente (o Lucrezia) Chiaromonte, e figlio e successore fu Ferrante[5].

Dal Ciarlante[6] si ricava che aveva “valore e sapere”, e il Re se ne serviva “nelle cose familiari”. Egli riporta la lapide sepolcrale in S. Maria la Nova a Napoli, ma sbaglia riguardo alla data di morte.

Dal Candida Gonzaga[7] si ricava la nomina di Pasquasio a Castellano del castello di Gaeta, l’iscrizione della famiglia al seggio di Nido, e le baronie di lui: Dragoni, Mastrati, S. Maria dell’Oliveto presso Venafro, Pietrapertosa, Raviscanina, S. Angelo di Raviscanina, S. Pietro a Scafati.

Dal Ricca[8] si ha che nel diploma di Re Ferdinando del 12 Novembre 1475, l’ordine delle firme è il seguente: Rex Ferd.s, Pasq.us Garlon, prima del Gr. Cancelliere Antonello de Petrutiis. Anche in un diploma di Re Federico del 23 Dicembre 1497, il Garlon firma per procura subito dopo il Re: “Bernardinus Franco pro Pasquasio Garlon”. Il 19 Luglio 1498, Re Federico spediva altro diploma al Diaz Garlon. Con esso, basandosi sul diploma del 1482, s’incaricava il giudice Giovan Cristoforo de Trasmundis de Guardiagrele, di reintegrare tutti i beni feudali della città di Alife, e delle terre di Dragoni, S. Angelo, Raviscanina e S. Pietro a Scafati. Il Trasmundis, dopo menato il bando, e in presenza degli amministratori della città e delle Università vicine, descrisse i “corpi” del feudo, stabilì i veri titoli di proprietà, e quelli usurpati, e ne indicò i confini. Questo privilegio si legge trascritto nel volume 16 dei processi della Commissione feudale[9].

Una questione difficile è la data della sua morte.

Il Ciarlante ed altri la pongono nel 1516. Cosicché il figlio Ferrante sarebbe sopravvissuto di soli due anni. Ma la notizia è destituita di fondamento. Don Pasquasio era certamente vivo nel 1498, quando Re Federico gli indirizzava il diploma di reintegra. Ma il 7 Gennaio 1503 firma “Capitoli e gracie” il figlio Ferrante e il 1 Settembre 1506, al capitolo 11° di altri “Capitoli et gracie”, Don Ferrante, annuendo ad una richiesta, dice: “Piace al dicto S.or Conte che siano observate tutte franchigie, immunitate et quanto hanno gauduto in tempo de la memoria bona del S.or Conte suo padre et suo”. Dunque è morto fra il 1498 e il 1503. L’errore è stato possibile in quanto non erano conosciuti gli Statuti municipali di Alife[10], ma soprattutto perché il Ciarlante si era fermato su un diploma del 15 Luglio 1516 di Carlo V e Giovanna sua madre, datato a Bruxelles, con cui i sovrani accordavano l’investitura a D. Ferrante dei beni di D. Pasquasio già defunto: Alife, Dragoni, S. Angelo, Raviscanina, Cornello, Canneto, Cirigliano, Castelmuzzano e Lariuso in Basilicata, Boneto e Maremoto colla Peschiera presso Pozzuoli, e diritto sulle saline di Manfredonia a esigere 1 grano per tomolo di sale (v. Ricca: op. cit. V 59).

Colle distruzioni belliche del 1943, è andato perduto all’Archivio di Stato di Napoli quanto riguardava la Cancelleria aragonese. Di tutti quei documenti rimane oggi solo il regesto[11].

Il Ricca dal suo canto, riporta un brano del documento riguardante l’infeudazione di Alife al Garlon. Esso appare differente dall’originale conservato nel museo di Piedimonte. In questo è solo un accenno al lungo e fedele servizio del Garlon al sovrano fin dalla tenera età, e la dichiarazione della simpatia di questo per lui “unice et singulariter”, e la raccomandazione all’erede Alfonso, ma nulla vi è di biografico, e nessuna precisazione sulla ragione dell’infeudazione. In quello riportato dal Ricca è la vera ragione dell’infeudazione: D. Pasquale aveva armato combattenti contro l’invasore turco sbarcato a Otranto il 13 Agosto 1480, e mantenutovisi ben tredici mesi.

Ma perché il Re concesse Alife?

Il 15 Febbraio 1460, Re Ferdinando aveva donato Alife, S. Angelo, Raviscanina, Pietraroja, Crispano e Francolise a D. Onorato Gaetani conte di Fondi[12].

Ora, stretto dalla terribile situazione dell’invasore in casa, ne aveva voluto la retrocessione, e così vendeva Alife, S. Angelo, e Dragoni a D. Pasquasio per 12.000 ducati. Il diploma assicurava che la vendita era fatta “cum protestate reintegrandi et cum integro eorum statu prout illas tenuerunt Joannes Antonius de Marzano et eius filius … signanter pro stipendiis diversarum armigerarum gentium intre et extra hoc regnum utiliter necessarioque militantium pro statu nostro et defensione fidelium ac etiam pro apparatu nostre classis contra immanissimum Turchorum dominum qui superiori anno regnum nostrum invasit damnaque innumerabilia intulit nostram civitatem ydrunti ex improvviso debellando et occupando totamque illam provinciam devastando”[13] Dunque il Garlon non solo aveva contribuito alla guerra di liberazione con armamenti a sue spese, ma aveva contribuito anche con denaro, comprando Alife. La data della vendita è il 10 Luglio 1482, quella dell’investitura nel documento conservato a Piedimonte è il 16 Marzo 1483.

Conclusione. La vendita si trova registrata nei Quinternioni, per l’elemento economico, ed ha di conseguenza maggiori particolarità. L’originale di Piedimonte è l’infeudazione ufficiale redatta in modo più semplice, e in cui solo s’insiste sull’investitura e sul titolo di conte.

 

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[1] Giunta F.: Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo (Salerno 1953) passim.

[2] Jimenez Soler A.: Retrato historico de Alonso V, in Rev. Aragonesa, 1907; Gazzella S.: Le vite dei Re di Napoli (Napoli 1594).

[3] Croce B.: Storia del Regno di Napoli (Ediz. 1958) pag. 97.

[4] Cenni su D. Pasquasio Diaz Garlon e la sua casa sono su Aldimari B.: Memorie istoriche di diverse famiglie nobili (Napoli 1961), e Id.: Historia genealogica della famiglia Carafa (Napoli 1961) III 464; Ammirato S.: Delle famiglie nobili napolitane (Napoli 1651) II, 61, 123, 189; Della Marra: Discorsi delle famiglie estinte etc. (Napoli 1641).

Terminio: Apologia di tre seggi illustri di Napoli (Venezia 1581) p. 172, dice che Alife fu donata dal Re al Garlon; Ricca E.: La nobiltà delle Due Sicilie (Napoli 1862), che riporta anche l’albero genealogico.

Notizie più estese sul personaggio e la sua casa vengono logicamente dalla Spagna, fra l’altro da Zurita: Anales de la Corona de Argon, passim L. VIII, c. 24; L. IX, c. 43; L. XX, c. 66; Abad R. E.: Estudio historico politico sobre la ciudad y comunidad de Da roca (Teruel 1959). Da questa città derivano i Garlon noti fin dal sec. XIV. Fra essi, dice l’Abad, emerse Pscual D. G. (nato a Da roca) “que sirviò al Rey Don Hernando de Nàpoles. Fué alcaide del castello de esta ciudad, en el que tuvò en custodia a los nobles napolitanos que dicho rey prendiò. Mas tarde fué conde de Alife, y habia sido gran privado de Alonso V’’. Lo scudo adottato a Napoli è fasciato di oro e di nero. Quello di origine, in S. Michele di Da roca, porta aggiunta una bordura di azzurro caricata di 14 scudetti di oro con tre fasce di “gules” rosso.

[5] Sorella di D. Pasquasio fu Isabella, figlia fu Dianora.

[6] Ciarlante V.: Memorie istoriche dell’antico Sannio (Isernia 1644), pag. 453. La lapide sepolcrale dice: Pascasius Garlon alifarum Comes insigni Incliti Ferdinandi Regis Consiliarius, Maiordomusque, ac primis Guardaroba, sibi, adhuc superstiti, ac Lucente coniugi pudiciss. Ac. Dulciss. Natis pie ac religiose condidit. An. Sal. 1487 Kal. Apr.

[7] Candida Gonzaga B.: Memorie delle famiglie nobili delle provincie meridionali d’Italia (Napoli 1875) III, 58.

[8] Ricca B.: op. cit. IV 193 e 209.

[9] Il diploma del 1482 era nel Quinternione 453 dal f. 92t al f. 110t. Copia legale è nel vol. 17 dei processi della Commissione feudale n. 84 f. 47. Il diploma della “reintegra” era trascritto nel vol. 16 dei processi della Commissione feudale n. 75 f. 178-192 (dal Ricca op. cit. parte I vol. V, pag. 58 e sgg.).

[10] Marrocco D.: Modifiche statutarie in Alife durante il sec. XVI (su Samnium n. 3 del 1962, pag. 22).

[11] Regesto della Cancelleria aragonese di Napoli, a cura di Jole Mazzoleni (Napoli 1951). I documenti che riguardano Alife e i Garlon sono a pag. 34, 45, 62, 94, 129, 141, 152, 237. Nelle Fonti Aragonesi della Accad. Pontaniana, D. Pasquasio è citato in II 1136, 1137, e IV 66.

[12] Marrocco D.: Piedimonte (Napoli 1961), pag. 66. Il Gaetani aveva avuto Alife, S. Angelo, Raviscanina, Puglianello, etc. quasi a scarico di un forte prestito fatto a Re Ferdinando. Il decreto del 15 Febbraio 1460 era nel Quinternione 22 f. 97t e f. 127t.

[13] Ricca: op. cit. P. I, vol. V, pag. 58.